Il lato oscuro di Richard Goldstone |
Di T. Barak e T. Yehezkeli |
Ha accusato Israele di crimini di guerra e si è scagliato contro le Forze di Difesa israeliane che, secondo lui, violano i diritti umani. Ma il giudice Richard Goldstone si è dimenticato una cosa: di darsi una bella occhiata allo specchio e di farsi un buon esame di coscienza, prima di precipitarsi ad accusare gli altri. Un’inchiesta esclusiva del giornale israeliano Yedioth Ahronoth rivela ora il lato oscuro dell’autore del rapporto Goldstone che, come giudice in Sudafrica durante l’apartheid, fu parte attiva nell’applicazione delle politiche razziste di uno dei regimi più spietati della seconda metà del XX secolo. Ai tempi del suo mandato come giudice di Corte d’Appello, negli anni ’80 e ’90, Richard Goldstone emise sentenze che condannarono inesorabilmente alla pena di morte decine di neri sudafricani. Questa macchia sul suo passato ha impedito a Goldstone di prendere posizione contro la pena di morte in numerose occasioni (pur sostenendo, ora, di essere sempre stato contrario), e di criticare con determinazione paesi che ancora la applicano (in testa alle classifiche mondiali, oltre alla Cina, Iran e Arabia Saudita). Naturalmente Goldstone non si prese il disturbo di riconoscere e discutere questi suoi precedenti in nessuno dei suoi discorsi e delle sue tante prese di posizione pubbliche. L’inchiesta di Yedioth Ahronoth rivela che Goldstone ha condannato a morte almeno 28 imputati neri, per la più persone condannate per omicidio che avevano fatto appello contro la sentenza capitale. All’epoca, in realtà, Goldstone si assicurò di mettere agli atti il proprio sostegno alla pena di morte scrivendo in una delle sue sentenze che essa risponde alla domanda della società che il crimine vanga ripagato con un prezzo che essa giustamente considera spaventoso. In un altro verdetto, col quale confermava l’esecuzione di un giovane nero condannato per aver assassinato il proprietario bianco di un ristorante che lo aveva licenziato, Goldstone scrisse che la pena di morte è la sola punizione che può dissuadere da questo genere di delitti. Va ricordato che all’epoca i bianchi sudafricani, grazie allo status privilegiato di cui godevano sotto la legge dell’apartheid, erano generalmente favorevoli a pene molto dure contro i crimini di sangue, mentre la maggioranza dei neri sudafricani era generalmente contraria alla capitale. Solo nel 1995, quando Nelson Mandela salì al potere, la costituzione del paese venne emendata con l’abolizione della pena di morte: vennero così risparmiati centinaia di condannati che si trovavano nel bracco della morte, compresi alcuni che vi erano stati mandati dallo stesso Goldstone. Anche quando si trattava di reati meno gravi, Goldstone si schierava fino in fondo con le politiche razziste del regime di apartheid. Fra l’altro, approvò la fustigazione di quattro neri colpevoli di violenze, mentre mandò assolti quattro agenti di polizia che avevano fatto irruzione nell’abitazione di una donna bianca sospettata di intrattenere rapporti sessuali con un uomo di colore, cosa che allora in Sudafrica era considerata un grave reato. In un altro caso, Goldstone condannò due giovani neri per il solo fatto di essere in possesso di un video con un discorso tenuto da un alto esponente del partito di Nelson Mandela. Alle rivelazioni del Yedioth Ahronoth, Goldstone ha risposto dicendo di aver semplicemente applicato la legge in un sistema legale che prevedeva la pena di morte indipendentemente dalla sua volontà, spiegando che era obbligato a rispettare le leggi del paese anche sotto il regime dell'apartheid. (Da: YnetNews, 6.5.10) |
sabato 15 maggio 2010
Il lato oscuro di Richard Goldstone Di T. Barak e T. Yehezkeli
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