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giovedì 3 giugno 2010

Anche 10 Stati Europei difenderanno il crocifisso davanti alla Grande Camera.

Davanti alla sentenza emessa che proibisce l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche avviata dalla signora atea italo-svedese Lautsi, poiché il crocifisso risulta “sconvolgente emotivamente” per il figlio (originario di uno Stato che. come altre decine di Stati, centinaia di comuni e migliaia di stemmi e gonfaloni civili, ha una croce scandinava cristiana nella sua bandiera ufficiale), per la prima volta nella storia della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, 10 Stati membri su 47 hanno chiesto formalmente al Tribunale di potersi presentare ufficialmente come “parte terza” quando verrà istruito il processo davanti alla Gran Camera il 30 giugno prossimo. La Stampa, riprendendo un articolo di Zenit.it, mostra la lista degli Stati che si sono schierati in difesa dell’Italia e del crocifisso: Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, San Marino, Romania e Federazione Russa. La condizione di “parte terza” permette agli Stati di poter presentare in forma ufficiale al Tribunale osservazioni scritte e orali. Allo stesso tempo anche dodici organizzazioni non governative (ONG) sono state ammesse dal Tribunale come “parte terza”. Finora nessuno Stato o ONG è intervenuto a sostegno della sentenza e quindi contro il crocifisso. Altri Stati si sono pronunciati politicamente contro la sentenza del 3 novembre 2009 scorso, vedi Slovacchia Austria e Polonia (da Baltic Reports). Gregor Puppinck, direttore dello European Centre for Law and Justice, ha spiegato che “si tratta di un precedente importante per la vita del Tribunale, perché in generale gli Stati membri si astengono dall’intervenire o intervengono solo quando il caso colpisce un cittadino del proprio Stato”. La decisione della Corte Europea è stata duramente criticata da parte di esperti politici e giuristi di vari Stati europei e giudicata come un’imposizione del “laicismo”, poiché la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo non prevede che lo Stato “è tenuto alla neutralità confessionale nel quadro dell’istruzione pubblica obbligatoria” o in qualunque altro settore pubblico.

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