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martedì 22 giugno 2010

Uno staterello jihadista, terrorista, antioccidentale e antisemita sulle coste del Mediterraneo Di Barry Rubin

Uno staterello jihadista, terrorista, antioccidentale e antisemita sulle coste del Mediterraneo
Di Barry Rubin
Israele era alla ricerca di una politica che gli permettesse, in questo ordine di priorità: di preservare la propria sicurezza nella massima misura possibile, erodere il più possibile il potere di Hamas e ridurre le condanne da parte della comunità internazionale. Di conseguenza il governo ha approvato una strategia modificata per la striscia di Gaza.
Il principio base può essere così sintetizzato: porre l’accento su qualunque cosa possa essere usata per scopi militari contro Israele, ma allentare lo sforzo volto a destabilizzare il regime di Hamas. Cosa del tutto logica, dato che quest’ultimo obiettivo è reso in ogni caso impossibile dalla protezione che la comunità internazionale accorda al regime di Hamas, nonostante si tratti di un regime islamista jihadista, terrorista, anti-occidentale, con intenzioni genocide, scagnozzo dell’Iran, votato a combattere Israele e prima o poi a sovvertire l’Egitto. La decisione del 20 giugno del governo israeliano recita infatti: “La politica d’Israele è quella di difendere i propri cittadini contro il terrorismo, i lanci di razzi e altri attacchi dalla striscia di Gaza. Allo scopo di tenere fuori da Gaza armamenti e materiali bellici, pur cercando di liberalizzare il sistema mediante il quale i beni civili entrano a Gaza…” ecc.
Il primo principio dunque è: 1) Pubblicare una lista di merci il cui ingresso a Gaza non è permesso, che sia limitata ad armi e materiali bellici, compresi alcuni prodotti particolarmente problematici dual-use (a doppio uso). Tutti i prodotti su questa lista non potranno entrare a Gaza. Si tratta di una notevole contrazione rispetto alle liste precedenti. Esiste tutta una gamma di materiali da costruzione che devono essere monitorati attentamente, come il cemento, che può essere usato anche per costruire bunker militari, e i tubi di metallo che possono essere usati per fabbricare razzi. Di qui il secondo punto: 2) Permettere e ampliare l’afflusso di materiali da costruzione a duplice uso per progetti approvati dall’Autorità Palestinese (scuole, strutture sanitarie, gestione dell’acqua e dell’igiene ecc.) che siano sotto supervisione internazionale, e per progetti di edilizia abitativa, come lo sviluppo di alloggi da parte delle Nazioni Unite in fase di completamento a Khan Yunis. Israele intende accelerare l’approvazione di tali progetti secondo procedure e meccanismi concordati. L’idea, in teoria, è che le agenzie internazionali garantiscano che questi materiali verranno usati per costruire cose a fin di bene, e non casematte e bunker fortificati. Non v’è dubbio che Israele presenterà dei rapporti sul rispetto di questa promessa (anche se i suoi eventuali rapporti in senso contrario verranno con ogni probabilità ignorati). I valichi via terra verranno ampliati per accogliere più materiali da inviare alla striscia di Gaza, e a un ritmo più rapido, e verranno sveltite le procedure per permettere alla gente di uscirne per cure mediche e altri scopi umanitari.
Cosa ottiene in cambio Israele? La decisione del governo dice: “L’attuale regime di protezione rispetto a Gaza sarà mantenuto. Israele ribadisce che – come gli Stati Uniti, l’Unione Europea e altri paesi – considera Hamas un’organizzazione terroristica. La comunità internazionale deve insistere per un rigorosa adesione ai principi del Quartetto per quanto riguarda Hamas”. In altre parole, continuerà l’isolamento politico di Hamas, la quale, sia detto per inciso, continua imperterrita a tenere in ostaggio Gilad Shalit (ormai da quattro anni).
Su cosa cede Israele? L’intera strategia volta a limitare l’economia di Gaza e le prebende che Hamas può elargire ai suoi sostenitori. In altre parole, mentre la capacità militare di Hamas viene mantenuta più bassa possibile, essa potrà consolidarsi politicamente e mantenersi al potere per anni o decenni. Sebbene ciò costituisca un considerevole “ripiegamento”, esso tuttavia all’atto pratico non è poi così significativo dato che – come si è già detto – nessuno intende aiutare Israele o anche solo premettergli di rovesciare il regime di Hamas nella striscia di Gaza.
Dunque, ecco il futuro: uno staterello islamista jihadista, un avamposto dell’Iran, una base per la diffusione di terrorismo e sovversione, una fonte di propaganda apertamente antisemita e genocida si è impianta a lungo termine sulle coste del Mediterraneo orientale. Sotto ogni punto di vista pratico, si sarebbe potuta azzardare questa stessa affermazione già due o quattro anni fa. Ora la cosa è chiara e in un certo senso “ufficiale”.
Alcuni possono trovare troppo polemico quest’ultimo concetto. In realtà, è del tutto ovvio. Hamas resterà al potere nella striscia di Gaza per un lungo periodo. D’altra parte, chi mai la rimuoverà da lì? È protetta dall’Iran. È vero che è sotto embargo per le forniture d’armi, ma è anche vero che di fatto funziona come uno stato indipendente sotto ogni aspetto della vita quotidiana. Tornerà a fare la guerra a Israele alla prima occasione. Hamas istruisce la sua gente a uccidere gli ebrei, a cancellare Israele dalla mappa geografica, ad essere terroristi. Non vuol dire che tutti gli abitanti di Gaza la sostengono, ma quelli che non lo fanno non possono farci assolutamente nulla. Non basta. Il regime di Hamas riceve anche aiuti indiretti per via del fatto che l’Autorità Palestinese (finanziata dai paesi donatori) copre le spese di gran parte dei suoi servizi pubblici a Gaza e dei progetti occidentali volti a assistere la sua popolazione. Sì, naturalmente ci sono dei limiti a ciò che può fare, date le sue dimensioni e la pressioni comunque esercitata da Egitto e Israele. Ma il concetto resta valido: suona sgradevole se espresso senza mezzi termini, ma à la realtà di fatto ad essere sgradevole.
E cosa vi potrebbe essere di più beffardo del fatto che i governi occidentali, tanto ansiosi di promuovere la pace fra israeliani e palestinesi, hanno appena contribuito a impiantare per un bel po’ di tempo un ulteriore, gigantesco ostacolo sulla strada che porterebbe a quel risultato? Anche se Hamas non avesse il controllo su quasi metà di coloro che vivono sotto governo palestinese, probabilmente l’Autorità Palestinese non sarebbe in grado di fare la pace. Ma il consolidamento di uno stato nelle mani di Hamas rende quella probabile incapacità una evidente certezza.
Sebbene si possa dire che questa nuova era è contrassegnata da un cambiamento nella politica israeliana, non si può certo addebitarne il risultato al governo d’Israele, dal momento che la situazione era già in atto, ed è stata resa inevitabile dalle politiche occidentali. Il mondo non si rende conto di quello che ha fatto, e di quante pessime cose e di quanti spargimenti di sangue ne deriveranno in futuro. In futuro il mondo si abituerà a questa realtà. La gente ne scriverà come di un dato di fatto fra cinque o dieci anni. Voi lo state leggendo già adesso.

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