Scoperto un ossario vecchio di duemila anni di un certo Giacomo. Un’iscrizione lo mette in parentela con Gesù. Ma non è il "fratello del Signore".
Il ritrovamento, tramite il mercato antiquario, di un ossario, proveniente da Gerusalemme o dintorni e databile fra il 20 e il 70 d.C., ha permesso ad A. Lemaire di portare alla conoscenza degli studiosi un’iscrizione aramaica che potrebbe essere di grande importanza per le origini del Cristianesimo: l’ossario, che è un parallelepipedo lievemente rastremato verso il basso, lungo alla base poco più di 50 cm e alla sommità 56 cm e largo 30,5 cm riguarda "Giacomo figlio di Giuseppe fratello di Gesù".
L’autenticità dell’Iscrizione (non dell’ossario, che è autentico per tutti) è certa per il Lemaire, ma sospetta per il Thiede, proprio per l’eccessiva regolarità ed equidistanza delle lettere, che manca nelle epigrafi certamente autentiche degli altri ossari e, in particolare, di quello ben noto del sommo sacerdote Caifa.
Autentica o no, l’iscrizione riguarda, per ambedue gli studiosi, l’apostolo Giacomo, detto anche dai Vangeli "fratello" di Gesù ed ucciso, secondo Flavio Giuseppe, nel 62.
Per quel che riguarda la parentela con Gesù di questo Giacomo, il Lemaire, che pure ammette che i nomi di Giuseppe, Giacomo, Gesù erano molto diffusi nel 1° secolo d.C. in Giudea, "fa presenti tre possibilità: quella accolta dalle confessioni protestanti, secondo cui i fratelli e le sorelle di Gesù ricordati dal Vangeli (Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, oltre a Salomé e a Maria) sarebbero figli di Maria e di Giuseppe e quindi veri fratelli naturali di Gesù; quella accolta dalla Chiesa ortodossa, e nota all’apocrifo Protovangelo di Giacomo, secondo cui Giacomo e gli altri sarebbero figli di un precedente matrimonio di Giuseppe e quindi fratellastri di Gesù; quella ammessa dalla Chiesa cattolica, secondo cui Giacomo e gli altri sarebbero stati cugini di Gesù (l’uso di fratello per cugino è ben attestato nel greco biblico e nei papiri), in quanto figli di un’altra Maria e di Clopa, fratello di Giuseppe.
Se l’ossario di Giacomo riguardasse il Giacomo di cui parla il Vangelo, e che morì nel 62, le due prime possibilità sarebbero le due uniche esistenti e Giacomo sarebbe stato veramente fratello o fratellastro di Gesù, nato da un precedente matrimonio di Giuseppe.
Non sono esperta di epigrafia e non posso entrare nella questione dell’autenticità dell’epigrafe: mi sembra però certo che essa non riguardi il Giacomo "fratello di Gesù" di cui Giuseppe Flavio (A. J. XX,1,9-199) ed Egesippo (apud Eusebio, H.E. II,23) riferiscono la morte nel 62.
Questo Giacomo, infatti, che anche Paolo (Gal 1,19) chiama "fratello del Signore", era uno dei dodici Apostoli (Paolo dice che "degli Apostoli egli aveva visto nella sua visita a Gerusalemme, solo Cefa e Giacomo") e, nell’elenco dei dodici Apostoli (in Mt 10, 2sgg., Mc 3,16sgg, Lc 6,14sgg), ci sono due soli Giacomo, il figlio di Zebedeo, fratello di Giovanni, e il figlio di Alfeo: poiché Giacomo, fratello di Giovanni, fu ucciso da Erode Agrippa all’inizio del regno di Claudio (At 12,2), Giacomo "fratello" di Gesù ucciso nel 62 deve essere certamente il figlio di Alfeo.
Egli era anche figlio di quella Maria, che i Sinottici ricordano presente sotto la croce, con Maria di Magdala e la madre dei figli di Zebedeo, indicandola appunto come " Maria madre di Giacomo e di Giuseppe" (Mt 27,56; Me 15,40, che presenta Giacomo come Giacomo minore, per distinguerlo dal figlio di Zebedeo, e 16,1; Lc 24,10) e che Giovanni indica invece come Maria di Cleofa (19,25).
La possibilità che Cleofa (o Clopa) e Alfeo siano la stessa persona esiste: Alfeo, in greco con lo spirito aspro, potrebbe essere infatti la forma grecizzata di un nome aramaico con una forte aspirazione iniziale e le stesse consonanti.
lo credo pertanto che, se l’iscrizione dell’ossario è autentica, essa non possa riferirsi a Giacomo figlio di Alfeo (o di Cleofa), ma ad un altro personaggio: la traduzione italiana, che rende perfettamente l’ambiguità presente, come mi è stato assicurato da esperti, anche nell’aramaico (in latino e in greco questa ambiguità non esisterebbe grazie alla diversa declinazione del nominativo e del genitivo), permette di individuare come "fratello" di Gesù sia Giacomo (in questo caso il greco direbbe adelphòs e il latino frater), sia Giuseppe (in questo caso il greco direbbe adelphou, il latino fratris) e noi sappiamo che Giuseppe era, insieme a Giacomo, Simone e Giuda, uno dei "fratelli" di Gesù (Mt 13, 55; Me 6,3).
Il Giacomo dell’iscrizione non è dunque "il fratello" di Gesù, ma il figlio di un’altro dei "fratelli" di Gesù, Giuseppe, figlio a sua volta di quella Maria moglie di Cleofa che i Sinottici indicano appunto come madre di Giacomo e di Giuseppe.
L’importanza dell’iscrizione, se è autentica, è nella cura che i parenti di Gesù ponevano nel ricordare il loro rapporto con Lui anche nella seconda generazione. In effetti noi sappiamo da Egesippo che i discendenti di Cleofa ebbero grande peso, fino agli inizi del II secolo, nella Chiesa di Gerusalemme: non sorprende pertanto che per un nipote di Cleofa si indicasse, nella sua iscrizione funeraria, che suo padre Giuseppe era parente di Gesù.
Si è detto che questa era la prima testimonianza "materiale", cioè non letteraria, sull’esistenza storica di Gesù: essa partecipa, come capita spesso alle testimonianze "materiali", a carattere epigrafico o archeologico, come capita in particolare alle testimonianze "materiali" riguardanti le origini cristiane (penso alla Sindone, al titulus Crucis, al cosiddetto editto di Nazareth) al rischio delle contestazioni sull’autenticità o sull’interpretazione: a questo rischio, come si è visto dalle osservazioni del Thiede, neppure l’epigrafe dell’ossario di Giacomo si sottrae. Le fonti letterarie, non solo gli scritti del Nuovo Testamento, alla cui storicità io credo fermamente, ma anche le testimonianze pagane (di Tacito e di Mara Bar Sarapion) e giudaiche (di Giuseppe Flavio) ci forniscono in definitiva la certezza più sicura
giovedì 29 aprile 2010
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