San Claudio de la Colombière
- Santi del giorno
- 15-02-2020
«Io ti manderò un mio
servo fedele e amico perfetto», aveva promesso Gesù a Margherita Maria
Alacoque, la santa delle straordinarie rivelazioni del Sacro Cuore e
delle grazie connesse alla devozione dei primi venerdì del mese, che
allora stava vivendo nel tormento perché non creduta. Quell’uomo della
Provvidenza era san Claudio de la Colombière
Terzo di sei figli, quattro dei quali scelsero la vita religiosa, era nato in un villaggio francese da una famiglia profondamente cristiana. A 17 anni si trasferì ad Avignone per iniziare il noviziato nella Compagnia di Gesù, dove nel suo animo si alternarono gioie e aridità legate al distacco dagli affetti e dal mondo, di cui in seguito scriverà: «Gesù Cristo ha promesso cento in cambio di uno, e posso dire che io non ho mai fatto nulla senza aver ricevuto, non cento in cambio di uno, ma mille volte di più rispetto a quanto avevo abbandonato». Il suo talento spinse il superiore generale a mandarlo a studiare teologia a Parigi, dove grazie alle sue virtù intellettive e morali fu segnalato a Colbert, l’economista e allora ministro delle Finanze (sotto Luigi XIV) che lo assunse come precettore dei figli. Intanto, lottava contro il suo amor proprio, offrendosi continuamente a Dio.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, completò il cammino ignaziano a Lione e il 2 febbraio 1675 pronunciò i voti solenni. Seguì l’incarico a Paray-le-Monial: i superiori lo scelsero proprio perché sapevano delle visioni di Margherita Maria Alacoque (1647-1690) e ritenevano che Claudio fosse, per pietà e prudenza, la persona giusta per quella delicatissima situazione. Quando il santo si presentò alle visitandine, la giovane suora sentì una voce interiore: «Ecco chi ti mando!». Il gesuita divenne il suo padre spirituale e capì che quell’anima era stata adornata di autentici doni mistici. Durante una Messa, Margherita vide il Sacro Cuore come una fornace ardente in cui erano immersi i cuori dei due santi: «È così che il mio amore puro - le disse Gesù - unisce questi tre cuori per sempre. Questa unione è destinata alla gloria del mio Sacro Cuore. Voglio che tu scopra i suoi tesori, lui farà conoscere il suo prezzo e utilità. A tale scopo, siate come fratello e sorella, condividendo ugualmente i beni spirituali».
Claudio accolse con umiltà ogni rivelazione che lo riguardava e si prodigò instancabilmente, con lo scritto e la parola, per diffondere la devozione al Sacro Cuore di Gesù. Chiese a Margherita di scrivere le sue esperienze mistiche, salvò tante anime dai pericoli dell’eresia giansenista che aveva l’effetto di allontanare i fedeli dai Sacramenti e non si scoraggiò di fronte alle difficoltà che gli erano state preannunciate: «Rivolgiti al mio servo Claudio e digli […] che è onnipotente chi diffida di sé stesso per confidare unicamente in Me», gli aveva comunicato il Signore attraverso Margherita. Dopo 18 mesi di permanenza a Paray, ricevette l’ordine di partire per Londra come cappellano della Duchessa di York, Maria Beatrice d’Este, una cattolica fervente.
Anche in Inghilterra operò meraviglie, riuscendo a convertire molti alla Chiesa. Fu in quell’epoca che il protestante Titus Oates mentì parlando di una «cospirazione papista» ai danni del re e a cui il parlamento diede credito: numerosi cattolici innocenti furono condannati a morte e Claudio fu arrestato per «proselitismo religioso». Quattro anni prima si era visto «coperto di ferri e catene, trascinato in prigione, accusato e condannato per aver predicato Cristo crocifisso». La prigionia minò parecchio la sua salute, già indebolita da una tubercolosi incipiente, ma l’intervento di Luigi XIV gli valse la liberazione e il rientro in Francia nel 1679. Nell’inverno di due anni dopo tornò a Paray-Le-Monial. E poche settimane più tardi, il 15 febbraio 1682, arrivò la sua morte terrena. Così disse santa Margherita a chi lo piangeva: «Smettetela di affliggervi. Invocatelo con tutta la vostra fiducia, perché lui può soccorrerci».
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