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sabato 5 marzo 2011

Maddy Curtis, il nuovo idolo americano: «non abortite i bimbi down»

2011
Maddy Curtis, nona di dodici figli, quattro dei quali con la sindrome di Down, è la finalista del popolare programma americano Idol dell’edizione 2010. Viso giovane e ormai noto della televisione americana, con i suoi 20 anni ha condiviso la sua bella voce e la sua convinzione in difesa della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Come racconta su ArgentinoSalertahttp://www.argentinosalerta.org/index.php/component/content/article/1-familia-y-vida/1395-maddy-curtis-de-finalista-en-la-loperacion-triunfor-americana-a-la-defensa-de-la-vida-humana-video, la sua fede cattolica e l’esperienza di famiglia hanno svolto un ruolo decisivo nella sua carriera come cantante alle prime armi. Dall’amore verso i suoi fratelli ha capito la grandezza del dono della vita: «Credo che Dio abbia voluto usare la mia storia per mostrare quanto siano speciali i bambini con sindrome di Down. Il novanta per cento delle donne incinte che ricevono una diagnosi prenatale di neonati sindrome di Down sceglie l’aborto. Questo mi spezza il cuore. I miei fratelli sono così speciali per me e mi hanno permesso di cambiare molto. Voglio dire a tutti quanto io sia sia felice e contenta di poter vivere assieme a loro». Putroppo la Curtis ha pienamente ragione, come dimostrano diversi studi sociologici citati da Avvenire 23/2/10http://www.avvenire.it/Cronaca/BAMBINI+DOWN+FACEBOOK_201002230953517370000.htm.

http://www.youtube.com/watch?v=PNUL4HPgmvA&feature=player_embedded



Storici rispondono a Riccardo Di Segni: «bimbi ebrei sempre restituiti a famiglie»

A 13 mesi dalla visita di papa Benedetto XVI alla Sinagoga di Roma, per il rabbino capo di Roma, Riccardo Segni «non c’è stata ancora alcuna ”risposta decisiva” alla richiesta delle Comunità ebraiche italiane di riportare alla luce le storie dei bambini scampati alla Shoah, nascosti in conventi, battezzati e mai restituiti a quello che rimaneva delle loro famiglie o comunità originarie, spesso lasciati ignari delle loro origini». Si ammette quindi che furono numerosissimi gli ebrei nascosti e salvati nei conventi cattolici (cosa impossibile senza l’autorizzazione del Pontefice), ma si accusa di averli battezzati e lasciati ignari delle loro origini ebraiche.
LO STORICO NAPOLITANO: «TUTTI RESTITUITI»- «La Santa Sede ha sempre restituito alle loro famiglie di origine i bambini ebrei scampati all’Olocausto in istituzioni cattoliche e ha sempre ordinato di non battezzarl», lo ribadisce, in una nota inviata all’ASCAhttp://www.asca.it/news-SHOAH__S_SEDE__BIMBI_EBREI_SEMPRE_RESTITUITI_A_FAMIGLIE__MAI_BATTEZZATI-995602-ORA-.html, il prof. Matteo Luigi Napolitano, Delegato internazionale del Pontificio Comitato di Scienze Storiche per i problemi della Storia contemporanea. «Hanno suscitato grande sorpresa le dichiarazioni dal Rabbino Di Segni sui bambini ebrei scampati alla Shoah, nascosti in conventi, battezzati e mai restituiti dalla Santa Sede alle loro comunita’ e famiglie di origine». Ha continuato Napolitano: «In qualità di Delegato internazionale del Pontificio Comitato di Scienze Storiche per i problemi della Storia contemporanea, tengo a precisare che la Santa Sede ha dato una risposta ampia e documentata alla delicata questione già diversi anni prima: esattamente con un lungo articolo a mia firma, basato su fonti inedite vaticane, e apparso il 18 gennaio 2005 sul quotidiano ”Avvenire”, come pure con il volume ”Pacelli, Roncalli e i battesimi della Shoah” (Piemme 2005), che ho scritto assieme al Dott. Andrea Tornielli. Le nostre ricerche – conclude Napolitano – hanno portato a due importanti conclusioni: le direttive ecclesiastiche furono sempre di non battezzare i bambini ebrei affidati dalle loro famiglie alla Sede Apostolica, affinché sfuggissero alla Shoah; in secondo luogo, la prassi seguita dalla Santa Sede nel dopoguerra (e accadde anche in un caso italiano) fu sempre quella di restituire i bambini alle loro famiglie di origine, ossia a genitori o a parenti, qualora queste fossero tornate a chiederne la riconsegna».
LA STORICA LOPARCO: «POCHISSIMI BATTEZZATI»- Nel 2004, la storica Grazia Loparco, docente alla Pontificia facoltà di scienze dell’educazione Auxilium, pubblicò un ampio studio (“Gli ebrei negli istituti religiosi a Roma”. Dall’arrivo alla partenza (1943-1944), sugli ebrei salvati, per ordine di Pio XII, nei conventi romani: 4.329 in un centinaio di istituti religiosi femminili, in una quarantina di istituti maschili e in una decina di parrocchie. Pubblicati i risultati su Avvenirehttp://www.mascellaro.it/node/459, si conferma che rispetto agli ebrei accolti nei conventi «il numero di battesimi fu minimo» mentre non vi è «alcun caso di non restituzione di bimbi alle famiglie». I bambini degli orfanotrofi ebraici tornarono invece «tutti alle loro comunità», dice la studiosa. E aggiunge che quando alcuni bambini chiedevano il battesimo «venivano dissuasi perché non erano nelle condizioni di libertà per farlo». Fondato su documenti d’archivio e su testimonianze dirette, lo studio è dolorosamente avvincente, non tace infelici tentativi di conversione né omette il caso di sei battesimi a Roma: di cinque «piccole ebree, accolte, salvate e successivamente battezzate» a Santa Maria delle Grazie in via della Balduina, e quindi quello struggente di una neonata, salvata da una razzia dei nazisti dalle Francescane Missionarie di Maria di via Giusti. Lo ricorda vividamente suor Myriam Capone: «Passò proprio lì davanti un camion carico di ebrei, uomini, donne e bambini, sorvegliati dalle SS. Una donna emise un piccolo grido per attirare l’attenzione. La suora guardò e vide che le porgeva, e quasi le lanciava, la bimba che teneva stretta fra le sue braccia. Il camion sparì. Suor Gesù Eucaristia rientrò commossa, con la creaturina tra le braccia. Doveva avere circa due mesi». Trasferita più al sicuro con altre orfanelle, «nessuno venne a cercarla. Compiuti sette anni, venne battezzata col nome di Mirella, nome di battesimo della superiora. Poi è stata adottata, ma veniva molto spesso a trovarci. Anche dopo essersi sposata, ha chiesto dove mi trovavo, ed è venuta a salutarmi con il marito e la figlia adottiva (indiana), fino a Rovereto, dove mi trovavo allora».
Molti altri invece si convertiranno liberamente una volta divenuti grandi. Così come il predecessore di Di Segni, il capo rabbino di Roma di quel tempo, Eugenio Zolli, che appena finita la guerra decise di farsi battezzare con il nome di “Eugenio Pio Israel Zolli“, in forma di gratitudine verso l’operato della Chiesa e del suo Pontefice nei confronti degli ebrei di Roma: «Ciò che il Vaticano ha fatto resterà indelebilmente ed eternamente scolpito nei nostri cuori. Sacerdoti, come pure alti prelati, hanno fatto cose che resteranno per sempre un titolo di onore per il cattolicesimo» (P. Dezza, “Eugenio Zolli: Da Gran Rabbino a testimone di Cristo (1881-1956)” La Civiltà Cattolica, 21/2/1981, pag. 340)

Oscurati i gruppi Facebook contro Yara Gambirasio creati da cyberbulli atei

In Ultimissima 28/2/11http://www.uccronline.it/2011/02/28/facebook-atei-anticlericali-e-uaarini-deridono-sarah-scazzi-e-yara-gambirasio/ facevamo notare come diversi gruppi che deridevano con macabro sadismo la morte di Yara Gambirasio (e ironizzavano sui suoi genitori), postassero contemporaneamente insulti anche verso il Santo Padre e i cristiani. Osservavamo che gli stessi che si sbellicavano dalle risate intitolando e animando gruppi come «Yara e Sara due bimbe minchia in meno» o «Dammi tre parole: Gambirasio senza prole», erano gli stessi che, tra una bestemmia e l’altra, usavano lo stesso tipo di “humor” contro esponenti della chiesa e del mondo cattolico, dicendosi contemporaneamente “fan” dell’UAAR, MicroMega e di tutta una serie di personaggi del panorama ateistico nazionale. Comportamenti presenti esclusivamente sul web, luogo in cui l’illusorio anonimato permette l’abbandono di ogni freno inibitore e scatena la perversione e la frustrazione accumulatasi nel cervello di questi soggetti. Illusorio anonimato perché di fatto -leggiamo su Il Corriere della Serahttp://www.corriere.it/cronache/11_marzo_01/yara-chiusi-gruppi-facebook-offensivi_029a2b90-4404-11e0-b1c1-dd3fc08b55ae.shtml- tutti i gruppi sono stati chiusi e la polizia postale ha chiesto anche di potere risalire agli amministratori. Il quotidiano cita anche il gruppo (che al momento di scrivere è stato definitivamente oscurato) «Sarah Scazzi contro Yara Gambirasio (Schieramento Sarah Scazzi)». Il giornalista riporta le parole di uno degli amministratori (un certo Pà Pasalaqua), il quale deve evidentemente aver letto l’articolo che l’UCCR ha scritto in proposito. Tant’è che scrive: «Ci definiscono cyberbulli atei. Lol [cioè, risata...]». Condividiamo l’ironia dell’articolista de Il Corriere, il quale risponde: «Che ci sarà da ridere, però, non si capisce». Qualcuno è arrivato perfino a difendere questi personaggi (lo leggiamo dai commenti che il nostro articolo ha ricevuto) riducendo questo comportamento a semplice “Humor Nero”. Come se classificare questo tipo di ironia ne giustificasse l’uso e rendesse l’insulto meno offensivo verso le persone coinvolte in queste tragedie. Altri invece sostengono che sbeffeggiare la vicenda di Yara o di Sarah Scazzi sarebbe educativo verso i giornalisti e i bigotti che creano il caso mediatico e fanno finta di dispiacersi.
Continuiamo a ritenere che una visione cristiana della vita e della morte, partendo dalla misteriosità dell’essere e dalla universale fratellanza degli uomini -figli di un unico Padre- aiuterebbe sicuramente ad attenuare perversioni del genere. Le numerose eccezioni presenti nella società dimostrano soltanto l’esistenza di persone non credenti che -consapevolmente o meno- possiedono uno sguardo sicuramente molto più cristiano verso l’uomo, di tanti sedicenti cattolici “adulti”.

Giornalista inglese critica la lobby omosessuale e riceve minacce di morte.

Una nota ed apprezzata editorialista del quotidiano britannico Daily Mail, Melanie Phillipshttp://en.wikipedia.org/wiki/Melanie_Phillips, ha ricevuto minacce di morte dopo che ha criticato il progetto del mondo omosessuale di introdurre la cultura “omosex” in tutte le materie del curriculum delle scuole in Gran Bretagna. In un articolo del 24 gennaio 2011, titolato “E’ vero che i gay sono stati spesso vittima del pregiudizio, ma ora rischiano di diventare i nuovi McCarthy”http://www.dailymail.co.uk/debate/article-1349951/Gayness-mandatory-schools-Gay-victims-prejudice-new-McCarthyites.html, ha polemizzato sul fatto che gli studenti britannici saranno quotidianamente bombardati da espliciti riferimenti all’omosessualità, durante le lezioni di matematica, geografia e scienza, grazie ad un’iniziativa sponsorizzata dal Governo e finalizzata all’introduzione dell’«agenda gay» nei programmi scolastici. In geografia, per esempio, gli studenti verranno stimolati a considerare quali siano le motivazioni che spingono gli omosessuali a trasferirsi dalla campagna alla città o studiare particolari fenomeni sociologici, come la nascita del primo «gay neighbourhood» (sobborgo gay) del mondo. In matematica dovranno imparare a calcolare e fare statistiche sul numero di omosessuali presenti nella popolazione. Alle elementari verranno utilizzati personaggi omosessuali nei problemini di logica. Per quanto riguarda la scienza, verranno ovviamente studiati i presunti fenomeni di omosessualità in natura, con particolare riguardo ai «pinguini imperatore» ed agli «orsi marini».  Per i più piccini, verranno introdotte idonee letture sul tema attraverso la promozione di libri come “And Tango Makes Three”, la storiella di due pinguini omosessuali che allevano un cucciolo. Durante le lezioni di disegno e tecnica, invece, gli studenti saranno stimolati a realizzare simboli legati al movimento per i diritti omosessuali, mentre gli insegnanti di inglese dovranno promuovere un’idonea conoscenza del «LGBT vocabulary», il linguaggio del mondo Lesbian, Gay, Bisexual and Transexual, e dovranno anche tener conto di personaggi omosessuali quando agli studenti verrà chiesto inscenare una recita teatrale. Melanie Phillips prende sul serio i rischi derivanti da questa iniziativa: «Per quanto possa sembrare assurda, questa iniziativa rappresenta l’ultimo tentativo di lavaggio del cervello dei ragazzi attraverso una propaganda camuffata da educazione». Siamo di fronte -continua la giornalista-, ad un «abuse of childhood», un vero e proprio abuso minorile. «Si tratta della solita implacabile e spietata campagna promossa dalla lobby per i diritti dei gay, finalizzata a distruggere la stessa idea che possa esistere un comportamento sessuale normale», ha spiegato. Oggi infatti esiste un preciso e sistematico progetto culturale il cui dichiarato intento è quello di penetrare profondamente nella mentalità comune. Si assiste quindi ad un passaggio per cui «esprimere concetti che ieri costituivano comuni norme morali, oggi rischia di essere non solo socialmente inaudito, ma anche vietato per legge». La donna in precedenti articoli aveva condannato le terribili discriminazioni subite dagli omosessuali nei Paesi islamici.
MINACCE DI MORTE. L’1 febbraio 2011 il Daily Mail pubblica però un altro articolo della Philips, intitolato: «Gli inviti ad uccidermi arrivati questa settimana dimostrano che i valori fondanti della nostra società sono in grave pericolo»http://www.dailymail.co.uk/debate/article-1352024/Calls-Melanie-Phillips-killed-gay-rights-prove-societys-values-danger.html?ito=feeds-newsxml. La giornalista scrive che «mi aspettavo una forte reazione, la quale avrebbe ampiamente confermano la verità di quello che avevo scritto. La risposta, tuttavia, ha superato perfino le mie aspettative». Nell’ultima settimana, ha dichiarato, «sono stata sottoposta ad una straordinaria effusione viziosa di odio e di incitamento alla violenza», attraverso messaggi di posta elettronica, internet e social network. Su Twitter infatti sono comparsi dei messaggi che suggerivano di uccidere  la giornalista prima di gettarla nel Tamigi, ovviamente il tutto condito da insulti irripetibili che solitamente sono però riservati solo ai  cattolici. Su alcuni messaggi di posta elettronica ha trovato scritto: «Sei una donna vile, velenosa, orribile e vecchia, la gente come te dovrebbe essere messa a tacere con la paura», e ancora: «Spero che tu venga investita da un treno», «Spero che la tua casa bruci» ecc… La Philips ha concluso con ironia: «Se la lobby gay voleva adoperarsi per cercare di dimostrare il mio punto di vista, non poteva fare un lavoro migliore».