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lunedì 22 febbraio 2010

Bisanzio o la civiltà cristiana romano-orientale di Marco Tangheroni

Bisanzio o la civiltà cristiana romano-orientale di Marco Tangheroni

1. L’impero romano d’Oriente fra barbari e arabi musulmani
L’immagine prevalente di Bisanzio, del suo impero e della sua civiltà è quella ereditata dall’Illuminismo, da autori come Charles de Secondat di La Brède e di Montesquieu (1689-1755) ed Edward Gibbon (1737-1794): trionfo del dispotismo e dell’oscurantismo religioso, controversie tanto sottili quanto inutili, raffinatezza estenuata e fine a sé stessa, sostanziale immobilità della sua storia. Si tratta di un’immagine deformata, che non rende giustizia al ruolo avuto per un millennio da questa sopravvivenza dell’impero romano cristianizzato: fino alla sua scomparsa, gli imperatori bizantini si proclamano sempre "re dei Romani".
Nel 476 finisce l’impero romano d’Occidente, dopo che Roma è stata saccheggiata prima, nel 410, dai visigoti di Alarico (395-410) e poi, nel 455, dai vandali di Genserico (428-477); ma la parte orientale dell’impero sopravvive attorno a Costantinopoli, la Nuova Roma creata dall’imperatore Costantino I il Grande (324-337) dove sorgeva la vecchia Bisanzio, in posizione decisiva per il controllo degli stretti che separano l’Europa e l’Asia. La minaccia germanica, che non era stata inferiore in Oriente — basti ricordare la terribile sconfitta subita dall’imperatore Valente (364-378) a opera dei goti ad Adrianopoli nel 378 —, sta allontanandosi, mentre resta, ai confini orientali, la minacciosa e da sempre ostile presenza dell’impero sassanide, erede dei parti.
Anzi, all’imperatore Giustiniano (527-565) è possibile concepire e in qualche misura attuare un programma di riconquista della parte occidentale dell’impero: con una rapida campagna annienta il regno vandalo e riprende l’Africa Settentrionale; con una guerra quasi ventennale elimina la presenza ostrogota in Italia; infine, rioccupa vasti territori iberici lungo la costa mediterranea. Ma già nel 568 — o 569 — i longobardi invadono l’Italia, che rimane, dopo ripetuti conflitti, divisa in due parti, una sotto i nuovi sovrani germanici, l’altra ancora integrata nell’impero, la cui presenza nell’Italia Meridionale si protrarrà fino al secolo XI.
Già vivente Giustiniano, vecchie e nuove minacce si ripresentano ai confini settentrionali e orientali; unni e avari premono a nord, mentre il re sassanide Cosroe I il Grande (531-579) scatena nuove offensive in Mesopotamia e in Armenia. Tuttavia, le preoccupazioni delle diverse guerre non impediscono a Giustiniano di completare l’imponente opera di sistemazione delle leggi e del sapere giuridico, che può ben essere riassunta con le parole che Dante Alighieri (1265-1321) attribuisce all’imperatore nel canto VI del Paradiso: "dalle leggi tolsi il troppo e il vano"; sarà questa, dal secolo XI, la base della rinascita del diritto romano e della formazione del diritto comune della Cristianità Occidentale.
Ma ben più gravi sono le conseguenze dell’espansione araba, la quale, subito dopo la morte del fondatore dell’islam, il profeta Maometto (570 ca.-632), si abbatte sull’impero persiano, che viene annientato e completamente assorbito, e sull’impero bizantino, il quale, in una ottantina di anni, perde tutte le province africane, la Palestina, la Siria e parte dell’Asia Minore; seguirà, nel secolo IX, la conquista della Sicilia. La stessa Costantinopoli, assediata, viene salvata nel 717 dall’imperatore Leone III (717-741), fondatore della dinastia isaurica; la sua vittoria — gli arabi tolgono l’assedio dopo un anno, nell’agosto del 718 — "[...] per l’Islam — scrive Charles Diehl (1859-1944) —, fu un grande disastro: un avvenimento d’un’importanza ben diversa dalla vittoria riportata quindici anni più tardi (732) da Carlo Martello nelle pianure di Poitiers. Lo slancio arabo era definitivamente spezzato, e i pii Bizantini potevano a giusto titolo andar orgogliosi di vedere Dio e la Vergine proteggere sempre fedelmente la Città e l’impero cristiano".
La dinastia isaurica, però, scatena la lotta contro il culto delle immagini — iconoclastia —, aprendo una grave crisi religiosa che dura vari decenni, fino al 780, quando Irene — da quell’anno reggente per il figlio Costantino VI (780-797 ca.), poi imperatrice (797-802) — pone temporaneamente fine a tale politica. Mentre in Occidente, nell’anno 800, viene restaurato il Sacro Romano Impero con l’incoronazione di Carlo Magno (800-814), in Oriente l’imperatore Niceforo (802-811) riprende la politica iconoclasta, con nuovi gravi conflitti interni. Essa dura fino all’843, quando un concilio, presieduto dal nuovo patriarca san Metodio (843-847), restaura il culto delle immagini.
Tuttavia, in un contesto storico in cui rari e poco consistenti sono i rapporti fra Occidente e Oriente, la Chiesa di Roma e la Chiesa Greca si allontanano sempre più. Già con il patriarca di Costantinopoli Fozio (858-867 e 877-886), tanto colto quanto ambizioso, vi sono ripetute rotture con il papato, proprio negli anni in cui i santi Cirillo (827 ca.-869) e Metodio (825 ca.-885) iniziano l’opera di evangelizzazione degli slavi. Si arriverà alla rottura definitiva con il patriarca Michele Cerulario (1043-1058) che rifiuta d’incontrare i legati pontifici, arrivati nella capitale imperiale per risolvere diverse questioni alla base degli attriti esistenti; essi allora, il 16 luglio 1054, depongono sull’altare della basilica di Santa Sofia una bolla di scomunica alla quale Michele reagisce con una contro-scomunica, riuscendo a trascinare con sé anche i patriarchi di Gerusalemme, di Antiochia e di Alessandria: "Se lo scisma accrebbe notevolmente l’autorità del patriarcato di Costantinopoli sui tre patriarchi e sul mondo slavo — nota il bizantinologo Silvio Giuseppe Mercati (1877-1963) —, dal punto di vista politico fu esiziale all’impero bizantino, in quanto fu preclusa ogni possibilità d’intesa durevole tra Bisanzio e l’Occidente e rese più difficili gli aiuti dei Latini contro la minaccia turca".

2. Apogeo e crisi
Frattanto l’impero bizantino conosce il suo apogeo sotto gli imperatori della dinastia macedone, fondata da Basilio I (867-886). Accanto a una profonda riorganizzazione sociale, istituzionale e militare, viene ripresa vittoriosamente la lotta contro gli arabi: nel 960 viene riconquistata Creta, in Asia il confine è riportato al Tigri e all’Eufrate e l’Italia Meridionale è riportata sotto il controllo imperiale, grazie al successo del Garigliano del 915, cui seguirà, nel 1018, la vittoria di Canne su una rivolta pugliese. Ma, soprattutto, viene definitivamente liquidato l’impero bulgaro dopo una guerra trentennale, dal 986 al 1018. Una notevole prosperità economica e una fase di splendore letterario e artistico caratterizzano questi secoli.
Dopo il Mille, però, mentre la Cristianità latina conosce una vigorosa ripresa economica, demografica, urbana e culturale, l’impero si trova ad affrontare nuove difficoltà interne, collegate anche alle lotte dinastiche, ed esterne: mentre a Occidente i normanni eliminano ogni residua presenza bizantina nell’Italia Meridionale e attaccano l’Epiro, in Oriente i turchi selgiuchidi conquistano, dopo la battaglia di Mantzikiert del 1071, l’Armenia e la Cappadocia, giungendo, infine, davanti a Costantinopoli con la presa di Crisopoli del 1079. Le crisi favoriscono l’ascesa al trono di una grande famiglia feudale, i Comneni, con Alessio I (1081-1118). Sotto il regno di questo sovrano si svolge la prima crociata (1096-1099), che mostra quanto difficili siano ormai i rapporti fra bizantini e latini: i territori siriani e palestinesi riconquistati dai crociati, non sostenuti dai bizantini, sono organizzati in Stati "franchi" e l’arcivescovo di Pisa Daiberto (1089 ca.-1105) diventa patriarca latino di Gerusalemme (1099-1107).
Verso la fine del secolo l’impero entra in una gravissima crisi: mentre nel 1182 un moto xenofobo nella capitale porta al massacro dei latini presenti, più spesso la debolezza politica costringe gli imperatori a larghe concessioni verso i mercanti stranieri; rinasce un impero bulgaro, i cui territori vanno da Belgrado al Mar Nero, alle lotte dinastiche si sommano le ribellioni feudali, una delle quali, nel 1185, porta al potere la dinastia degli Angeli; corruzione e pressione fiscali crescono di pari passo.
Nel 1202 i crociati, radunati a Venezia, non potendo far fronte agli impegni finanziari presi con la Serenissima per il trasporto marittimo, si pongono al servizio dei suoi obbiettivi, prima espugnando Zara, che si era messa sotto la protezione del regno di Ungheria ribellandosi alla città lagunare, poi minacciando la stessa Costantinopoli. Quando il giovane imperatore Alessio IV (1203-1204), che aveva fatto larghissime promesse ai crociati e a Venezia, viene ucciso da un sollevamento popolare, i crociati attaccano Costantinopoli, che è conquistata e saccheggiata il 12 aprile 1204. Viene creato l’impero latino di Oriente, sotto Baldovino di Fiandra (1204-1206 ca.), ma molti territori sono assegnati ad altri signori occidentali e a Venezia, mentre in diverse aree nascono Stati greci che reclamano l’eredità dell’impero bizantino. Uno di questi — l’impero di Nicea — prevale sugli altri e nel 1261, anche grazie al sostegno genovese, restaura l’impero con Michele VIII (1259-1282), fondatore della dinastia dei Paleologi, che governa per quasi due secoli, fino alla sua fine.
Lotte religiose, conflitti sociali, rivolte cittadine come quella di Tessalonica che si costituisce in repubblica indipendente (1342-1347), ristrettezze finanziarie, pressioni bulgare e serbe oltre che turche, caratterizzano l’ultima fase dell’esistenza ormai millenaria dell’impero. Più volte gli imperatori negoziano con Roma la riunificazione delle Chiese per eliminare un grosso ostacolo a un maggiore impegno delle potenze occidentali di fronte all’avanzata sempre più inarrestabile dei turchi ottomani; ma ogni volta parti consistenti e turbolente del clero greco e anche dei laici si oppongono violentemente a tale indirizzo. Grazie anche al viaggio dell’imperatore Giovanni VIII (1425-1448) in Occidente il Concilio di Firenze, nel quale il papato fa ampie concessioni, può, nel 1439, proclamare la riunificazione delle due Chiese; ma le correnti anti-romane non ne accettano il risultato e i disordini religiosi sono forti anche negli ultimi anni, benché la minaccia turca incomba ormai sulla stessa capitale. I principali esponenti della corrente unionista passano direttamente alla Chiesa di Roma, come Giovanni Bessarione, futuro cardinale (1403-1472).

3. L’aiuto della Cristianità latina
La Cristianità latina, spesso distratta rispetto a quanto accade in Oriente, fa comunque due grossi sforzi anti-turchi: ma essi sono segnati da altrettante disfatte, quella di Nicopoli nel 1396 e quella della Varna nel 1444. Peraltro pochi sono i difensori occidentali di Costantinopoli quando, all’inizio di aprile del 1453, Maometto II (1451-1481) l’assedia con forze enormemente superiori, sia in uomini che in armamento, a quelle dei difensori: il contingente più significativo è quello genovese, che giunge prima dell’inizio dell’assedio, mentre Venezia era da decenni impegnata prevalentemente nella politica italiana.
La resistenza è accanita, ricca di episodi eroici. Alla vigilia dell’assalto decisivo "[...] i cristiani, Greci e Latini assieme — scrive Georg Ostrogorsky (1902-1976) —, celebravano in Santa Sofia la loro ultima funzione religiosa. Dopo la funzione i soldati tornarono ai loro posti e fino a tarda notte l’imperatore ispezionò le fortificazioni". Il giorno dopo, 29 maggio 1453, vinte le ultime resistenze, i turchi s’impadroniscono di Costantinopoli, dando il via al saccheggio e ai massacri. L’ultimo imperatore, Costantino XI Dragazès (1449-1453), muore eroicamente, dando a Bisanzio una fine degna della sua grandezza. Quindi Maometto II entra in città e va in Santa Sofia a ringraziare il Dio dell’islam.
Nato con la fondazione costantiniana della capitale, l’impero muore praticamente con essa: il despotato di Morea e l’impero di Trebisonda sopravvivono pochissimi anni; Atene è conquistata nel 1456. Di questo impero non possiamo e non dobbiamo dimenticare la plurisecolare funzione di bastione contro l’islam, l’altezza delle sue espressioni spirituali, letterarie e artistiche, il contributo alla diffusione del cristianesimo e all’organizzazione del prima informe mondo slavo, la trasmissione all’Occidente di tanta parte della cultura greca, classica, ellenistica e cristiana.

Per approfondire: vedi la sintesi di Charles Diehl, Storia dell’impero bizantino, trad. it., Edizioni Orientalia Christiana, Roma 1977; più ampiamente Georg Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, trad. it., Einaudi, Torino 1993; quanto alla civiltà e alle strutture di lunga durata, vedi dello stesso Ch. Diehl, La civiltà bizantina, trad. it., Garzanti, Milano 1962; sulla mentalità e sulla vita quotidiana, Alain Ducellier, Il dramma di Bisanzio, trad. it., Liguori, Napoli 1980; e L’uomo bizantino, a cura di Guglielmo Cavallo, Laterza, Bari 1994.

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