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martedì 14 dicembre 2010

Bugie neodarwiniste e verità ... infinite di Francesco Agnoli

Bugie neodarwiniste e verità ... infinite

Nell’ambito del revival darwiniano di questi tempi, spopola, invitato dovunque, Telmo Pievani, un filosofo della scienza di Milano che fa del darwinismo ateo il suo cavallo di battaglia. Una battaglia però la sua senza “né capo né coda”…

di Francesco Agnoli
Telmo Pievani è autore di un recente testo intitolato Creazione senza Dio, edito da Einaudi, che già nel titolo dice della confusione filosofica della sua posizione. Infatti il darwinismo, per nulla dimostrato, non è assolutamente sufficiente di per sé per portare a conclusioni ateistiche, come Pievani e il più celebre Richard Dawkins vorrebbero.
Confusionismo darwinistico
Darwin stesso ebbe idee molto contrastanti, parlando a volte di Creatore, e a volte nascondendosi dietro il termine “agnostico”, creato dal suo amico Thomas Huxley, il quale ebbe spesso a ripetere che le idee evoluzioniste non comportavano alcuna conseguenza in campo religioso.
Infatti, come è ovvio, anche se tutto derivasse dall’ascidia originaria di cui parla Darwin nell’Origine dell’uomo, occorrerebbe poi trovare la causa dell’ascidia stessa, non potendosi risalire all’infinito nella catena di cause finite.
La realtà è che nella scienza sperimentale è impossibile arrivare a toccare l’origine delle origini, il prima di tutti i prima, il perché di tutti i perché. Anche il celebre paleontologo evoluzionista e non credente S. Jay Gould accusava di fanatismo scientifico coloro che avessero voluto utilizzare la scienza per dimostrare l’indimostrabile e per attaccare il terreno della religiosità.
E prima di lui, Wallace, l’uomo che teorizzò l’evoluzionismo moderno contemporaneamente a Darwin, affermò sempre di essere un credente e di ritenere l’uomo una creatura speciale, dotata di anima immortale, e non un semplice animale.
“Il linguaggio di Dio”
La realtà è che il regno della libertà, dello spirito, della volontà e delle idee non è sottoponibile ad alcuna misurazione sperimentale, e quindi anche a nessuna definizione scientifica. È l’uomo, nella sua complessità, a sfuggire a semplicistiche determinazioni, a formule chimiche o fisiche che lo racchiuderebbero, come ha sempre affermato ad esempio il premio Nobel Sir John Eccles.
Questo è tanto vero che i grandi scienziati credenti, nella storia, sono infinitamente più numerosi di quelli atei. Penso a Copernico, Keplero, Galilei, Newton, Lavoisier, Mendel, Pasteur, Maxwell, Planck… per arrivare oggi a Jerome Lejeune, lo scopritore della prima malattia genetica, ad Antonino Zichichi, o a Francis Collins, celeberrimo direttore del Progetto Genoma, il più importante progetto di studio sul DNA, fresco autore del Libro Il linguaggio di Dio, pubblicato anche in Italia da Sperlink & Kupfer.

In questo libro Collins, una delle più alte autorità al mondo in materia di DNA, difende appunto la credibilità e la razionalità delle fede, partendo da considerazioni a loro modo scientifiche: l’evidente esistenza, nell’uomo, di qualcosa che va al di là del suo codice genetico e della sua materialità, e che si esprime nel senso morale, nella libertà e nell’amore, caratteristiche propriamente ed esclusivamente umane.
Nel suo libro sopra citato, invece, Pievani, che scienziato non è, vorrebbe presentarci il darwinismo come «qualcosa di più che una teoria scientifica»: come un sistema filosofico, capace da solo, come scrive nelle prime pagine, di dimostrare le «origini completamente materiali del nostro corpo e della nostra mente», determinando così la caduta dei fondamenti «non soltanto della fede ma anche della morale».

È evidente che una simile argomentazione non ha nulla di scientifico, ma è una posizione filosofica, su cui si può discutere, ma che non può essere spacciata come oggettivamente vera e dimostrabile. A totale smentita di una simile idea si potrebbe citare il discorso di Louis Pasteur, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, di fronte alla Accademia delle Scienze francesi nel 1882, per contrastare l’opinione di alcuni filosofi, August Comte su tutti, che ritenevano la scienza incompatibile con la fede.

Affermava Pasteur: «Quanto a me, ritenendo sinonimi le parole progresso ed invenzione, mi chiedo in nome di quale nuova scoperta, filosofica o scientifica, si possano estirpare dall’animo umano queste grandi preoccupazioni. Mi sembrano di essenza eterna, perché il mistero che avvolge l’Universo e di cui esse sono emanazione è esso stesso eterno per natura».
L’infinito bisogno di Dio
Si narra che l’illustre fisico inglese Farady, nelle lezioni che faceva all’Istituzione reale di Londra, non pronunciasse mai il nome di Dio, sebbene fosse profondamente religioso. Un giorno, eccezionalmente, questo nome gli sfuggì e improvvisamente si manifestò un movimento di simpatica approvazione. Accorgendosene Farady interruppe la lezione con queste parole: «Vi ho sorpreso pronunciando il nome di Dio. Se ciò non mi è ancora accaduto dipende dal fatto che io sono, mentre tengo queste lezioni, un rappresentante della scienza sperimentale. Ma la nozione e il rispetto di Dio arrivano al mio spirito attraverso vie tanto sicure quanto quelle che conducono alla verità dell’ordine fisico.

Il positivismo non pecca solo nel metodo… esso non tiene conto della più importante delle nozioni positive, quella dell’infinito. Al di là di questa volta stellata, che cosa c’è? Nuovi cieli stellati. Sia pure! E al di là ancora? Lo spirito umano, spinto da una forza irresistibile, non smetterà mai di chiedersi: che cosa c’è al di là? Vuole esso fermarsi, sia nel tempo, sia nello spazio?

Poiché il punto dove esso si ferma è solo una grandezza finita, soltanto più grande di tutte quelle che l’hanno preceduta, non appena egli comincia ad esaminarlo ritorna la domanda implacabile senza che egli possa far tacere il grido della sua curiosità. Non serve nulla rispondere: al di là ci sono degli spazi, dei tempi o delle grandezze senza limiti. Nessuno comprende queste parole.

Colui che proclama l’esistenza dell’infinito, e nessuno può sfuggirvi, accumula in questa affermazione più sovrannaturale di quanto non ce ne sia in tutti i miracoli di tutte le religioni… Io vedo ovunque l’inevitabile espressione della nozione dell’infinito nel mondo. Attraverso essa, il soprannaturale è in fondo a tutti i cuori.

L’idea di Dio è una forma dell’idea di infinito. La metafisica non fa che tradurre dentro di noi la nozione dominatrice dell’infinito. Dove sono le fonti genuine della dignità umana, della libertà e della democrazia, se non nella nozione di infinito di fronte alla quale gli uomini sono tutti uguali?».

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