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lunedì 31 maggio 2010

Pedofilia. Ecco quello che i nemici della Chiesa non dicono

Ormai ci si trova in una sorta di delirio mediatico in cui nessuno sembra saper capire più nulla. L'ultimo esempio, in ordine temporale, lo si può rinvenire nelle reazioni di una parte dell'opinione pubblica a cavallo dei giorni di Pasqua: padre Raniero Cantalamessa aveva reso note le attestazioni di solidarietà di un suo amico ebreo in favore del Papa e della Chiesa, suscitando, inspiegabilmente, lo sdegno di certe comunità ebraiche poiché aveva osato paragonare l'anticristianesimo in genere, e l'anticattolicesimo in specie, all'antisemitismo. D'altro canto la circostanza per cui il Pontefice nella sua omelia della veglia pasquale non abbia fatto riferimento alla vicenda della pedofilia ha suscitato, anche questa volta inspiegabilmente, scalpore e malcontento. Insomma, che la Chiesa si pronunci rappresenta un problema; che la Chiesa taccia rappresenta un problema; tutto ciò che, nel merito, la Chiesa ufficialmente o ufficiosamente dichiara, rappresenta un problema. Tutto questo parapiglia, figlio del più moderno anticlericalismo, cioè diffuso per motivi di natura esclusivamente ideologica, genera una cortina fumogena che cela la verità all'opinione pubblica in merito ad almeno tre punti principali: la diffusione del fenomeno, il celibato, la reazione della Chiesa.
In ordine al primo problema, cioè quanto è diffuso il crimine di pedofilia nella Chiesa, occorre sottolineare vari dati. Alcuni disinformati commentatori, per esempio, hanno parlato di decine di migliaia di preti pedofili solo negli Stati Uniti, generando non solo sdegno, ma, soprattutto, allarmismo nell'opinione pubblica. Scandagliando in profondità, tuttavia, si scopre, per tabulas, che negli USA, per esempio, i sacerdoti non sono più di 110.000, quelli sospettati e denunciati di abusi sessuali nei confronti dei minori sono «soltanto» 4.000 circa e quelli condannati sono circa 958, come rivela uno studio commissionato dalla stessa Conferenza Episcopale degli Stati Uniti al laicissimo John Jay College, cioè la più importante facoltà di criminologia degli States.
Se poi si considera che in alcune culture la pedofilia rappresenta un fenomeno di massa o istituzionalizzato e legalizzato, si comprende quanto ideologica sia la pretesa di attribuire alla Chiesa cattolica l'esclusività del terribile fenomeno criminale. Si pensi, per esempio, a ciò che accade in India (in cui non c'è la Chiesa cattolica, se non come minoranza per lo più oggetto di persecuzione), in cui, come riporta l'associazione Samvada, le soglie di abusi sessuali sui minori sono superiori a quelle di qualunque altra zona del mondo, in accordo con i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Si pensi, inoltre, anche ad alcuni paesi di cultura prevalentemente islamica come Mali, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, Guinea, Liberia, Yemen, Camerun, Eritrea, in cui è lecito sposare bambine di 9 anni. Per esempio, nel settembre del 2008 il teologo islamico Mohamed Ben Abderahman Al Maghrawi ha scatenato vivaci polemiche per aver sostenuto che le bambine possono essere prese in moglie già a 9 anni; del resto - continua il teologo marocchino - «anche il Profeta Maometto sposò una donna di 9 anni. E' la nostra religione. Dobbiamo seguirla nelle sue fonti originarie». Sarebbe molto difficile trovare qualche teologo cattolico, più o meno ratzingeriano, della medesima opinione. Da tutto ciò si deduce che non solo il fenomeno drammatico della pedofilia non riguarda solamente la Chiesa cattolica, ma non si può considerare per essa fisiologico.
Si noterà anche che il celibato messo in discussione da molti «critici» della Chiesa non incide per nulla sul fenomeno, posto che la tragedia degli abusi sessuali sui minori si consuma maggiormente in paesi, culture e religioni che non praticano il celibato. Oltre a ciò, la bassa percentuale di sacerdoti accusati e condannati per pedofilia (circa l'1-2% su scala statunitense, e ancor meno a livello mondiale), lascerebbe dedurre, semmai, il contrario: cioè che dove vige la continenza del celibato sacerdotale, il fenomeno sia «controllato» e assolutamente ridotto.
Soddisfatte così le prime due questioni, occorre riflettere in ordine all'ultimo problema, cioè la presunta inattività della Chiesa contro la pedofilia. Occorre ricordare che la storia della Chiesa si distende su un arco di due lunghi millenni, avendo assistito a crisi morali e teologiche, per intensità e qualità, anche peggiori di quella attuale. Ciò nonostante, la Chiesa, con il tempo, con fatica, spesso con dolore, ha saputo sempre far fronte ai problemi, ai nemici ad essa interni ed esterni, alle proprie difficoltà. Guardando rapidamente, si potrebbe ritenere senza esitazioni che l'intera storia della Chiesa narri la sua capacità di metabolizzare il male, e da questo riuscire a trarne il bene, fuoriuscendo dalle crisi più forte, più rinvigorita e più santa di prima.
A scopo esemplificativo, sia sufficiente ricordare la riforma gelasiana nel V secolo (che introdusse la laica separazione tra Stato e Chiesa); la riforma cluniacense nel X secolo (che, facendo perno sulla spiritualità benedettina, si scagliò contro la simonia ed il concubinaggio degli ecclesiastici); la riforma di Gregorio VII nell'XI secolo (che continuò e portò a compimento quella precedente); la riforma del Concilio di Trento nel XVI secolo (che ridestò l'unità dottrinale, liturgica e spirituale della cattolicità dopo le eresie dell'anglicanesimo, del luteranesimo, del calvinismo e di tutta la frammentata galassia protestante). E infine, nel XX secolo, la riforma del Concilio Vaticano II che, in un mondo sopravvissuto a stento alle guerre mondiali ed agli stermini di massa, e per metà schiavizzato dai regimi dell'ateismo scientifico e del pensiero materialista, annunciò ancora una volta che la pietà cristiana era ancora in vigore e che l'uomo aveva bisogno di sentire la «Buona Novella» per sopravvivere a se stesso recuperando la dimensione spirituale ed umana. La Chiesa, in conclusione, ha sempre fatto fronte ai suoi problemi, ed anche contro la pedofilia si dimostrerà, con il tempo necessario, che si tratta dell'ennesima patologia del tutto superabile.
Vi è, tuttavia, una patologia per certi aspetti ancor più grave della pedofilia, non fosse altro che per la sua maggior diffusione, cioè la mancanza di rispetto e di fiducia che il mondo dei laici mostra nei confronti della Chiesa; sarebbe bene, cioè, che i laici tornassero a conoscere e riconoscere la maternità della Chiesa, cominciando proprio dal pensiero di uno dei padri della cattolicità, Cipriano di Cartagine, che puntualizzò: «Habere non potest Deum Patrem, qui non habet Ecclesiam Matrem».

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