Ormai ci si trova in una sorta di delirio mediatico in cui  nessuno sembra saper capire più nulla. L'ultimo esempio, in ordine  temporale, lo si può rinvenire nelle reazioni di una parte dell'opinione  pubblica a cavallo dei giorni di Pasqua: padre Raniero  Cantalamessa aveva reso note le attestazioni di solidarietà di un suo  amico ebreo in favore del Papa e della Chiesa, suscitando,  inspiegabilmente, lo sdegno di certe comunità ebraiche poiché aveva  osato paragonare l'anticristianesimo in genere, e l'anticattolicesimo in  specie, all'antisemitismo. D'altro canto la circostanza per cui il  Pontefice nella sua omelia della veglia pasquale non abbia fatto  riferimento alla vicenda della pedofilia ha suscitato, anche questa  volta inspiegabilmente, scalpore e malcontento. Insomma, che la Chiesa  si pronunci rappresenta un problema; che la Chiesa taccia rappresenta un  problema; tutto ciò che, nel merito, la Chiesa ufficialmente o  ufficiosamente dichiara, rappresenta un problema. Tutto questo  parapiglia, figlio del più moderno anticlericalismo, cioè diffuso per  motivi di natura esclusivamente ideologica, genera una cortina fumogena  che cela la verità all'opinione pubblica in merito ad almeno tre punti  principali: la diffusione del fenomeno, il celibato, la reazione della  Chiesa.  
 In ordine al primo problema, cioè quanto è diffuso il crimine di  pedofilia nella Chiesa, occorre sottolineare vari dati. Alcuni  disinformati commentatori, per esempio, hanno parlato di decine di  migliaia di preti pedofili solo negli Stati Uniti, generando non solo  sdegno, ma, soprattutto, allarmismo nell'opinione pubblica.  Scandagliando in profondità, tuttavia, si scopre, per tabulas,  che negli USA, per esempio, i sacerdoti non sono più di 110.000, quelli  sospettati e denunciati di abusi sessuali nei confronti dei minori sono  «soltanto» 4.000 circa e quelli condannati sono circa 958, come rivela  uno studio commissionato dalla stessa Conferenza Episcopale degli Stati  Uniti al laicissimo John Jay College, cioè la più importante facoltà di  criminologia degli States.  
 Se poi si considera che in alcune culture la pedofilia  rappresenta un fenomeno di massa o istituzionalizzato e legalizzato, si  comprende quanto ideologica sia la pretesa di attribuire alla Chiesa  cattolica l'esclusività del terribile fenomeno criminale. Si  pensi, per esempio, a ciò che accade in India (in cui non c'è la Chiesa  cattolica, se non come minoranza per lo più oggetto di persecuzione), in  cui, come riporta l'associazione Samvada, le soglie di abusi sessuali  sui minori sono superiori a quelle di qualunque altra zona del mondo, in  accordo con i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Si pensi,  inoltre, anche ad alcuni paesi di cultura prevalentemente islamica come  Mali, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, Guinea, Liberia, Yemen,  Camerun, Eritrea, in cui è lecito sposare bambine di 9 anni. Per  esempio, nel settembre del 2008 il teologo islamico Mohamed Ben  Abderahman Al Maghrawi ha scatenato vivaci polemiche per aver sostenuto  che le bambine possono essere prese in moglie già a 9 anni; del resto -  continua il teologo marocchino - «anche il Profeta Maometto sposò una  donna di 9 anni. E' la nostra religione. Dobbiamo seguirla nelle sue  fonti originarie». Sarebbe molto difficile trovare qualche teologo  cattolico, più o meno ratzingeriano, della medesima opinione. Da tutto  ciò si deduce che non solo il fenomeno drammatico della pedofilia non  riguarda solamente la Chiesa cattolica, ma non si può considerare per  essa fisiologico.  
 Si noterà anche che il celibato messo in discussione da molti  «critici» della Chiesa non incide per nulla sul fenomeno, posto  che la tragedia degli abusi sessuali sui minori si consuma maggiormente  in paesi, culture e religioni che non praticano il celibato. Oltre a  ciò, la bassa percentuale di sacerdoti accusati e condannati per  pedofilia (circa l'1-2% su scala statunitense, e ancor meno a livello  mondiale), lascerebbe dedurre, semmai, il contrario: cioè che dove vige  la continenza del celibato sacerdotale, il fenomeno sia «controllato» e  assolutamente ridotto.  
 Soddisfatte così le prime due questioni, occorre riflettere in  ordine all'ultimo problema, cioè la presunta inattività della Chiesa  contro la pedofilia. Occorre ricordare che la storia della  Chiesa si distende su un arco di due lunghi millenni, avendo assistito a  crisi morali e teologiche, per intensità e qualità, anche peggiori di  quella attuale. Ciò nonostante, la Chiesa, con il tempo, con fatica,  spesso con dolore, ha saputo sempre far fronte ai problemi, ai nemici ad  essa interni ed esterni, alle proprie difficoltà. Guardando  rapidamente, si potrebbe ritenere senza esitazioni che l'intera storia  della Chiesa narri la sua capacità di metabolizzare il male, e da questo  riuscire a trarne il bene, fuoriuscendo dalle crisi più forte, più  rinvigorita e più santa di prima.  
 A scopo esemplificativo, sia sufficiente ricordare la riforma  gelasiana nel V secolo (che introdusse la laica separazione tra Stato e  Chiesa); la riforma cluniacense nel X secolo (che, facendo  perno sulla spiritualità benedettina, si scagliò contro la simonia ed il  concubinaggio degli ecclesiastici); la riforma di Gregorio VII nell'XI  secolo (che continuò e portò a compimento quella precedente); la riforma  del Concilio di Trento nel XVI secolo (che ridestò l'unità dottrinale,  liturgica e spirituale della cattolicità dopo le eresie  dell'anglicanesimo, del luteranesimo, del calvinismo e di tutta la  frammentata galassia protestante). E infine, nel XX secolo, la riforma  del Concilio Vaticano II che, in un mondo sopravvissuto a stento alle  guerre mondiali ed agli stermini di massa, e per metà schiavizzato dai  regimi dell'ateismo scientifico e del pensiero materialista, annunciò  ancora una volta che la pietà cristiana era ancora in vigore e che  l'uomo aveva bisogno di sentire la «Buona Novella» per sopravvivere a se  stesso recuperando la dimensione spirituale ed umana. La Chiesa, in  conclusione, ha sempre fatto fronte ai suoi problemi, ed anche contro la  pedofilia si dimostrerà, con il tempo necessario, che si tratta  dell'ennesima patologia del tutto superabile.  
 Vi è, tuttavia, una patologia per certi aspetti ancor più grave  della pedofilia, non fosse altro che per la sua maggior  diffusione, cioè la mancanza di rispetto e di fiducia che il mondo dei  laici mostra nei confronti della Chiesa; sarebbe bene, cioè, che i laici  tornassero a conoscere e riconoscere la maternità della Chiesa,  cominciando proprio dal pensiero di uno dei padri della cattolicità,  Cipriano di Cartagine, che puntualizzò: «Habere non potest Deum Patrem,  qui non habet Ecclesiam Matrem».  
 
 


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