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giovedì 29 aprile 2010

Quei profughi palestinesi che non fanno notizia di Marco Di Donato!

Nel campo profughi di Ein el-Hillweh risiedono attualmente circa 47mila palestinesi: 4 di questi sono morti una settimana fa durante scontri armati fra militanti di Fatah e appartenenti al gruppo salafita Jund al-Sham (Esercito della Grande Siria), sigla ritenuta vicina ad al-Qaeda. Nel conflitto a fuoco è morta anche una passante e sono rimasti coinvolti i miliziani di un altro movimento islamico denominato Usbat al-Ansar.
L’attacco portato dagli uomini dello Jund al-Sham potrebbe essere interpretato come una risposta all’attentato dinamitardo del 5 febbraio che aveva come obiettivo proprio un alto esponente dell’organizzazione salafita. Non si tratterebbe dunque di un caso isolato come si era subito affrettato a sottolineare Sobhi Abu Arab, leader del braccio armato di Fatah in Libano. Del resto lo stesso Fatah aveva subìto una grave perdita il 2 gennaio scorso, quando un suo uomo era stato ucciso in circostanze simili.
Sono dodici i campi profughi palestinesi autorizzati in Libano. Oltre 200 mila i rifugiati ufficialmente censiti dagli uffici dell’UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) ed un totale di 400 mila unità attualmente residenti in Libano.
Sono numeri che parlano di una condizione difficile, se non drammatica, che ha spesso reso estremamente complessa la convivenza con la popolazione indigena. Una convivenza che molto spesso diventa difficile anche all’interno degli stessi campi profughi, specialmente quando le varie fazioni politiche presenti si contendono il potere utilizzando le strade delle baraccopoli come campo di battaglia.
È forse il caso di Ein el-Hillweh, dove  sarebbe  in corso un vero e proprio regolamento di conti fra le storiche forze di Fatah e le nuove leve islamiste legate ad al-Qaeda. Un confronto duro e senza esclusione di colpi che rischia seriamente di  portare al collasso la già drammatica condizione all’interno delle baraccopoli palestinesi, Ein el-Hillweh in testa.
Proprio tra le fragili mura di questo campo pare si nascondano infatti i maggiori esponenti di al-Qaeda in Libano. Secondo fonti militari libanesi le case di fango di Ein el-Hillweh darebbero rifugio a  Abd el-Rahman Awad, leader di Fatah al-Islam. Ma anche il quartier generale del Jund al-Sham sarebbe di stanza proprio in questo campo profughi e moltissimi jihadisti giungerebbero costantemente dal Pakistan per ingrossare le fila dell’Esercito della Grande Siria.
La questione del disarmo delle forze palestinesi e della sicurezza all’interno dei campi profughi torna quindi di grandissima attualità in Libano. E dopo gli ultimi scontri di Ein el-Hillweh, le forze politiche sono tornate a chiedersi come limitare e controllare la presenza di gruppi armati palestinesi in Libano.
In particolare sono gli esponenti della coalizione 14 marzo a reclamare l’immediato disarmo di tutte le forze palestinesi presenti sul territorio, allargando la stessa richiesta anche nei confronti del partito sciita Hezbollah. La situazione appare dunque complessa e dalla difficile da districare: le 15 settimane di scontri di Nahr el-Bared durante l’estate del 2007 sono un ricordo troppo recente per essere ignorate.

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